Secondo incontro "Progetto Libertà e carcere" Incontro con le volontarie
Un viaggio all’interno di Rebibbia
con le volontarie dell’associazione Vic Caritas
Il 14 marzo scorso il nostro liceo ha avuto l’onore di ospitare ed ascoltare gli interventi di due volontarie dell’associazione Vic (Volontariato in Carcere) Caritas, che operano nel carcere di Rebibbia, Ilaria Vincenti ed Alessia Levantini. Il confronto si è svolto nell’ambito del progetto “Libertà e carcere”, che ci sta permettendo, incontro dopo incontro, di scoprire da vicino e capire appieno i lati positivi delle carceri in Italia.
Cosa abbiamo imparato da questo incontro? Sicuramente aspetti nuovi che ci hanno fatto mettere subito da parte i pregiudizi comuni sui detenuti. In particolare, Alessia, ora impegnata nel reparto G9 di Rebibbia dopo il corso di formazione nel 2022, ci ha riportato una testimonianza veramente toccante sul fatto che la rieducazione in carcere funziona effettivamente! La volontaria ci ha letto infatti una lettera scritta da un detenuto tossicodipendente, che ad un certo punto ha deciso di cambiare drasticamente il suo destino durante la detenzione; quest’uomo, raccontava di essersi dimenticato del compleanno della sorella e di aver preso la decisione, dopo un colloquio con lei svolto proprio in quella ricorrenza, di farsi isolare per tre mesi, con lo scopo di disintossicarsi. “Il carcere mi ha fatto bene, ora sono un uomo vero”: le sue parole ci hanno toccato molto, ed ora abbiamo una maggiore consapevolezza sul fatto che le persone possano cambiare.
Ilaria Vincenti, diplomata al nostro liceo, ci ha anche raccontato la sua prima volta in carcere, ci ha spiegato come quest’esperienza l’abbia cambiata, ed ha riferito a tutti noi ciò che ha visto e che già si aspettava, ma in modo amplificato.
Un’altra testimonianza che ci ha riportato è di un ragazzo che a 16 anni si trovava già in carcere. Quando l’anno successivo ha perso entrambi i genitori, non gli è stato concesso il permesso per andare ai funerali. È riuscito poi ad avere quattro giorni di permesso dopo circa 8 anni in carcere. Ed è qui che l’associazione di volontariato in carcere compie la propria missione, offrendo non solo vestiario, vitto ed accoglienza materiale, ma anche sostegno e supporto morale ai detenuti, che vivono in una realtà impensabile. Tutto questo è regolato dall’art. 17 dell'Ordinamento Penitenziario, che garantisce la libertà di associazione e quindi permette a queste organizzazioni di poter entrare in carcere ed aiutare i detenuti.
Ci è stato raccontato, inoltre, che in un reparto del carcere c’è una stanza per i colloqui priva di telecamere, microfoni e manette, e che i volontari non hanno timore ad entrarvi, perché tra loro ed i detenuti c’è un rapporto di rispetto. Abbiamo poi anche appreso che nel carcere esistono regole non scritte e pregiudizi nei confronti delle donne che fanno volontariato, come la giusta attenzione nel modo di vestirsi, il divieto di strette di mano e di baci sulle guance. Nonostante ci sia un rapporto che potrebbe sembrare a prima vista distante e distaccato tra loro ed i detenuti, i volontari hanno però imparato che il metodo di consolazione migliore è l’ascolto, che passa talvolta per la condivisione del silenzio o per una semplice ma sentita parola di conforto.
I racconti con cui le due volontarie ci hanno trasmesso parte del loro lavoro, così come le testimonianze scritte dei detenuti, sono stati da subito accolti da tutti noi con un ascolto attivo accompagnato da un grande interesse, trasformatisi via via in sincera emozione ed umana partecipazione nel corso dell’incontro, che si è rivelato, ancora una volta, una preziosa occasione di arricchimento e di crescita.
Francesca Cannelonga, 4G